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Torna sulla facciata della chiesa del Gesù la statua del pellicano colpita da un fulmine

L’assessore Guido ringrazia l’imprenditore che, a distanza di due anni, ha permesso alla scultura di tornare a issarsi sulla chiesa del Gesù. Torna a svettare nella sua completez...

L’assessore Guido ringrazia l’imprenditore che, a distanza di due anni, ha permesso alla scultura di tornare a issarsi sulla chiesa del Gesù. Torna a svettare nella sua completezza la statua del pellicano in cima alla Chiesa del Gesù, in Via Rubichi. Dopo che 2 anni fa circa un fulmine distrusse il volto dell’uccello, oggi, proprio in concomitanza con le celebrazioni per i 400 anni della morte di San Bernardino Realino, gesuita compatrono di Lecce a cui si deve la costruzione della chiesa che ne custodite le stesse spoglie, un accordo tra l’assessore all’Ambiente Andrea Guido e la ditta Marullo Costruzioni di Calimera ha permesso la realizzazione gratuita di un intervento assai delicato e complicato volto al ripristino dell’opera scultorea. I maestri scalpellini della ditta hanno dovuto realizzare in laboratorio l’esatta copia del volto e del lungo becco dell’uccello in pietra leccese, in maniera tale che potesse combaciare perfettamente con la nuca e le restanti parti della testa. Un lavoro lungo più di 2 settimane, ovviamente completamente manuale. Il nuovo pezzo questa mattina è stato fissato grazie all’utilizzo di particolari resine epossidiche e di fibre naturali. Si tratta di tecniche innovative che garantiscono la tenuta nel tempo del restauro attraverso l’utilizzo di sostanze resinose liquide e solide in sostituzione delle tradizionali bullonature in metallo. “Uno dei numerosi simboli che hanno figurato Cristo, forse, insieme all’agnello, il più significativo e commovente, è il pellicano - racconta Padre Mario Marafioti, gesuita responsabile della struttura di proprietà della stessa confraternita - Al bianco uccello che vive in Europa orientale, in Asia sud-occidentale e in Africa, si attribuisce un importante significato allegorico. Il fatto che i pellicani adulti curvino il becco verso il petto per dare da mangiare ai loro piccoli i pesci che trasportano nella sacca, ha indotto in passato all’errata credenza che i genitori si lacerino il torace per nutrire i pulcini col proprio sangue, fino a divenire emblema di carità. Il pellicano è divenuto, pertanto, sin dal medioevo, il simbolo dell’abnegazione con cui si amano i figli. E per questa ragione l’iconografia cristiana ne ha fatto l’allegoria del supremo sacrificio di Cristo, salito sulla Croce e trafitto al costato da cui sgorgarono il sangue e l’acqua, fonte di vita per gli uomini”. Il pellicano si presta così ad una duplice simbologia: è inteso sia come immagine di Cristo che si lascia crocifiggere e dona il suo sangue per redimere l'umanità, sia come immagine di Dio Padre che sacrifica suo Figlio. Le operazioni di restauro, cominciate alle 9, si sono protratte fino al primissimo pomeriggio, e hanno contemplato anche al posa in opera di una targa marmorea commemorativa del quattrocentesimo anniversario della morte di San Bernardino Realino che verrà scoperta nella mattinata di sabato per mano del sindaco, in occasione di una cerimonia speciale. “Il 2 luglio 1616 il sindaco Sigismondo Rapanà eleggeva patrono e protettore di Lecce Bernardino Realino, poco prima che morisse, consegnandogli le chiavi della città - spiega Andrea Guido - Quattrocento anni dopo Paolo Perrone rinnova l’offerta di quelle chiavi al santo gesuita amico dei poveri e soccorritore dei deboli, alla presenza dell’Arcivescovo Mons. D’Ambrosio. Per l’occasione sono riuscito a far realizzare in maniera gratuita da un amico artigiano l’esatta copia di quella chiave che oggi è ancora custodita all’interno della chiesa gesuita insieme ai resti di San Bernardino. Non riuscirei a fare tutte queste cose - commenta l’assessore leccese - senza l’aiuto dei tanti amici che mi circondano. Fabio, titolare della EDIL FEAL di Lecce, si è preso la briga di realizzare un vero e proprio stampo in gesso in cui ha colato una speciale lega metallica da lui prodotta per ottenere la riproduzione fedelissima delle chiavi. Come Luigi della Marullo Costruzioni, azienda leader nei restauri dei monumenti di epoca barocca, anche lui, lo ha fatto gratuitamente. Mettendo a disposizione il suo tempo, il suo know how e la sua azienda intera. Riscontrare tutta questa sensibilità e disponibilità da parte degli imprenditori leccesi - conclude Guido - non può che farmi ritenere più che soddisfatto. Significa che la cittadinanza oggi, oltre a seguire da vicino le attività di questa amministrazione, collabora fattivamente alle nostre iniziative recando aiuti preziosi e indispensabili, senza i quali molti interventi non potrebbero essere portati a termine”. La statua rimarrà imbracata con dei nastri di sicurezza per i prossimi giorni onde permettere la solidificazione dei collanti usati. Dopodiché si potrà passare alla fase della velatura per ottenere l’uniformità cromatica del nuovo pezzo rispetto al resto della scultura. Con questo intervento è possibile anche rimuovere finalmente le impalcature installate sul sagrato della chiesa fissate a protezione dei pedoni dalla caduta di detriti e frammenti dovuta all’accidente di 2 anni fa. SAN BERNARDINO, LA STORIA. La chiesa del Gesù o della Madonna del Buon Consiglio fu costruita a partire dal 1575 per accogliere i Gesuiti che giunsero in città l'anno precedente al seguito di Bernardino Realino ed è stata per secoli sede della Compagnia di Gesù. San Bernardino diventa patrono di una città da vivo. Mai vista nella storia della chiesa cattolica una cosa simile e con tanta solennità. Siamo a Lecce, nell’estate del 1616: il padre gesuita Bernardino Realino sta morendo, 42 anni dopo esservi arrivato. I reggitori del Municipio lo vanno allora a visitare in corpo, ossia tutti insieme, in forma ufficiale. E gli fanno la sbalorditiva richiesta di voler essere il protettore della città di generazione in generazione, per sempre. Il moribondo acconsente, tranquillo e lieto. D’altra parte è già amico, consigliere, soccorritore dei cittadini – è già loro patrono – da più di quattro decenni. Anche se non è leccese, e nemmeno pugliese. E’ emiliano, nato in una famiglia illustre di Carpi, che per i suoi primi studi gli faceva venire i maestri in casa, e poi l’ha mandato all’Accademia modenese, all’epoca uno dei più illustri centri culturali d’Italia.  

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