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Le antiche neviere, ecco come si produceva il ghiaccio nel Salento

In passato nel Salento nevicava molto più di frequente di quanto avvenga adesso: ecco cosa rimane delle antiche neviere salentine, per la conservazione del ghiaccio. La neve è accolta...

In passato nel Salento nevicava molto più di frequente di quanto avvenga adesso: ecco cosa rimane delle antiche neviere salentine, per la conservazione del ghiaccio. La neve è accolta nel Salento sempre come un evento eccezionale e festoso, eppure nella storia di questa terra vi sono testimonianze che dimostrano come in passato nevicasse molto più di frequente. I tanti graffiti sul territorio sopravvissuti ai morsi del tempo raccontano difatti una storia poco conosciuta: durante il periodo rinascimentale il tacco d'Italia fu imbiancato più volte, tanto che fu possibile sviluppare anche un commercio del ghiaccio. Alessandro Romano (Salento a colori) ha compiuto un viaggio tra le testimonianze di questo passato poco noto, andando a rintracciare le antiche neviere ancora visibili tra le masserie salentine. “Un’attività antica come il mondo è stata la raccolta della neve, poi affinatasi con la sua conservazione in apposite strutture costruite per lo scopo: il ghiaccio era l’unico rimedio, in certi casi, per cure mediche di casi particolarmente difficili, ed in tempi più recenti utilizzato dai ricchi per conservare meglio alcuni cibi. Anche nel Salento, territorio storicamente caldo e dal clima comunque mite, si sviluppò questo commercio. Fin dal Rinascimento, specialmente fuori città, nelle masserie, vennero a costruirsi le cosiddette 'neviere' ”. Una delle più grandi neviere salentine si trova nel territorio di Lequile. Testimonianze delle copiose nevicate si possono trovare invece nei graffiti diffusi nei vari paesi, come Minervino e Morigino. Nonostante gli eventi nevosi fossero più frequenti, non bastavano comunque a coprire il crescente fabbisogno di ghiaccio. Come riportato ancora da Alessandro Romano, in un libro del 1716 è raccontato: “Porto Sancataldo, al quale articolo dessi aggiungere, che la sua entrata dalla parte del castello è assai ingombra di scogli a fior d’ acqua, ma che le navi vi trovano sempre sicurezza contro i venti del primo e secondo quadrante. È pure da quel porto che gli abitanti dei vicini villaggi di Aramagna, e di Acquarica partono per andare in Albania e da colà trasportarvi la neve, della quale si fa grande consumo in questa remota parte d’Italia, colà in iscambio lasciandovi denaro o merce”. Il fantomatico paese di Aramagna (Aramano), rintracciabile nella mappa dell’Archivio Congedo (in gallery), pare fosse difatti il centro salentino per il commercio del ghiaccio. “Sino a metà Ottocento la raccolta della neve era l’unico sistema per produrre il ghiaccio” spiega ancora Alessandro Romano, “il quale veniva impiegato per raffreddare le bevande delle famiglie più agiate e per la cura di febbri, ascessi e contusioni. La produzione del ghiaccio aveva inizio in campagna con la raccolta della neve. Poi, tramite appositi attrezzi in legno detti 'paravisi' veniva battuta dagli 'insaccaneve', i quali calzavano sopra le scarpe dei sacchi di canapa legati all’altezza delle cosce per evitare durante il lavoro di sporcare il prodotto. Infine, il ghiaccio, creato dalla compressione della neve, veniva conservato della neviera. Questa era una struttura scavata in parte nel banco roccioso, coperta da una muratura a volta. Sopra c’era un’apertura dalla quale veniva effettuato il carico dell’impianto. Vi erano in più una o due porticine laterali utilizzate per prelevare il ghiaccio. La camera era profonda anche più di due metri. L’isolamento era garantito da uno spesso strato di foglie secche, mentre la copertura esterna veniva isolata tramite uno strato di paglia e terriccio. Sul fondo dell’impianto vi era un canale di scolo che permetteva all’acqua di defluire fuori, evitando così di compromettere il prezioso materiale. Questo sistema ingegnoso permetteva la conservazione del ghiaccio per tutto il periodo estivo. Il ghiaccio, tagliato a blocchi avvolti in sacchi di tela, veniva trasportato su carretti o a dorso di mulo durante le ore più fredde della notte, per essere depositato nelle apposite cisterne, situate in città, dalle quali venivano fornite le varie botteghe che ne effettuavano il commercio. Un commercio che si sviluppò talmente tanto che vide la nascita di una gabella sulla neve, dal 1625 al 1870. Il prezzo della neve, che non poteva essere superiore a 3 'grana' (unità monetale del Regno delle Due Sicilie) per 80 kg, era comprensivo della gabella che l’appaltatore doveva versare al comune. La storica masseria Torcito (Cannole), posta su un cruciale snodo stradale del Salento, era anch’essa fornita di neviera. Vi erano gare d’appalto, per la vendita della neve, gli appaltatori dovevano sempre essere garantiti da una persona del posto di indubbia moralità. Durante le ultime battaglie del periodo pre-unitario fra Piemontesi e Regno delle Due Sicilie, presso Gaeta, alcune fonti riportano che a seguito di una tregua fu permesso di aprire le neviere della zona, per utilizzare il ghiaccio nella curare dei feriti”. Una lunga storia durata fino ai primi anni del Novecento, quando la fornitura di neve è stata soppiantata dai frigoriferi. Le antiche neviere sono ormai abbandonate all’oblio degli uomini e della memoria. Le neviere sono tutt'ora rintracciabili a Lequile, Monteroni e nell'antica masseria di Torcito.  In gallery le testimonianze fotografiche di questa pagina di storia salentina

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