Ambiente Incendi in Puglia, Lecce e provincia tra i più colpiti: quasi 2mila roghi Il Salento al vertice della classifica redatta da Coldiretti. A seguire Taranto e Spinazzola 20/08/2022 circa 3 minuti È il comune di Lecce in cima alla classifica del maggior numero di incendi nell’estate 2022, seguito da Taranto e Spinazzola, con un aumento esponenziale di danni alle colture agrarie rispetto all’anno scorso. A darne notizia è Coldiretti Puglia, diffusa in occasione dell’ennesimo incendio in provincia di Foggia a Carpino, sulla base dei dati forniti dalla Protezione Civile della Puglia, dal 1° maggio al 13 agosto 2022, con il monitoraggio, tra l’altro, delle differenti tipologie di incendio.La provincia di Lecce conta il numero più pesante di incendi 1931 in totale – afferma Coldiretti Puglia - con il capoluogo che da solo ne ha registrati 175, segue poi Ugento con 99, Galatone con 71, Nardò con 57, Alliste con 53, ma anche la BAT con un totale di 193 roghi, di cui 53 solo a Spinazzola, 45 a Minervino Murge e 33 ad Andria, in provincia di Taranto che conta 386 incendi di cui 61 nella città capoluogo, 51 a Ginosa, 43 a Manduria e 39 a Castellaneta, a Foggia 410 roghi, di cui 35 a San Giovanni Rotondo e 26 a Manfredonia, mentre dei 451 incendi in provincia di Bari 49 roghi sono stati a Gravina in Puglia, 41 ad Altamura, 40 a Cassano delle Murge e 38 a Santeramo in Colle, fino alla provincia di Brindisi con 236 incendi, di cui 38 nel capoluogo e 25 a San Pietro Vernotico.Nell’estate 2022, complice il caldo torrido e la stringente siccità – denuncia Coldiretti Puglia - i roghi che hanno interessato le colture agrarie sono stati 317, aumentati del 56% rispetto all’anno 2021, quando i falsi allarmi sono stati il doppio rispetto al 2022 che ne registra solo 180. Ma a diminuire sono stati anche i roghi delle alberature e dei canneti, così come dei terreni incolti che nel 2022 sono stati 421 contro i 518 del 2021.Enorme lo sforzo di vigili del fuoco, protezione civile e delle forze dell’ordine per arginare le fiamme che interessano aree a volte vaste di pregio naturalistico, paesaggistico e turistico, oltre che produttivo, con soccorsi e interventi che raggiungono – aggiunge Coldiretti Puglia - anche le zone più impervie per spegnere altri focolai, dove le fiamme mandano in fumo interi campi di grano, alberi, colture, un situazione angosciante aggravata dalla mancata opera di prevenzione, sorveglianza e soprattutto di educazione ambientale sul valore inestimabile di un patrimonio determinate per la biodiversità e per la stabilità idrogeologica del territorio.Le conseguenze sono drammatiche in termini ambientali a causa delle fiamme che fanno salire la temperatura fino ad oltre 750 gradi, provocando effetti devastanti come il deterioramento del suolo, la scomparsa della biodiversità, il degrado ecologico, la perdita di produzioni legnose e non legnose, il disordine idrogeologico, i cambiamenti climatici dovuti alle emissioni di anidride carbonica, l’inquinamento da fumi e la distruzione della fauna.Per ricostituire aree e boschi ridotti in cenere dal fuoco ci vorranno fino a 15 anni con danni all’ambiente, all’economia, al lavoro e al turismo. Nelle aree bruciate saranno impedite anche tutte le attività umane tradizionali e la scoperta del territorio da parte di decine di migliaia di appassionati. Se certamente il divampare delle fiamme è favorito dal clima anomalo, a preoccupare – continua la Coldiretti regionale – è proprio l’azione dei piromani con il 60% degli incendi che si stima sia causato volontariamente. La pioggia è attesa per combattere la siccità nelle campagne ma per essere di sollievo deve durare a lungo, cadere in maniera costante e non troppo intensa, mentre i forti temporali, soprattutto con precipitazioni violente, come quelle che sono avvenute al nord, provocano danni poiché i terreni non riescono ad assorbire l’acqua che cade violentemente e tende ad allontanarsi per scorrimento provocando frane e smottamenti.Accanto a misure immediate per garantire l’approvvigionamento alimentare della popolazione è necessario coordinare tutti i soggetti coinvolti, la Regione, Autorità di bacino e Consorzi di bonifica per una gestione unitaria del bilancio idrico perché è evidente l’urgenza di avviare un grande piano nazionale per gli invasi che Coldiretti propone da tempo visto che viene raccolto solo l’11% dell’acqua piovana e si potrebbe arrivare al 50% evitando così situazioni di crisi come quella che si sta verificando anche quest’anno.
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