Curiosità Lecce 

Dall'antica superstizione alle case chiuse, il simbolo fallico nella storia del Salento

Un insolito viaggio tra i reperti storici che testimoniano un'usanza antichissima.  Per i Romani il fallo era un amuleto contro la sfortuna, il cosiddetto fascinum, che si appendevano al ...

Un insolito viaggio tra i reperti storici che testimoniano un'usanza antichissima.  Per i Romani il fallo era un amuleto contro la sfortuna, il cosiddetto fascinum, che si appendevano al collo e che toccavano ogni qualvolta ne sentivano il bisogno. La storia del Salento è stata scritta, sin dal paleolitico e poi oltre, da simboli di ogni tipo, più o meno decifrati dagli studiosi. La simbologia del fallo, oggetto fin dalle civiltà pagane delle origini di riti e culti speciali, in quanto ritenuto il mezzo con cui raggiungere la fertilità, è stata oscurata nel corso dei secoli, e sminuita da una società che lo mette subito in relazione al “peccato”, alla censura e quant’altro. Ci si dimentica che, molto più semplicemente, la parola “fallo” deriva dal greco phallòs, in relazione alla radice del sanscrito phalati (germogliare). Nel Salento la cultura megalitica è stata spesso associata ai culti di fertilità. Forse si spiega così l’enigmatico significato delle centinaia di menhir eretti sul territori. E sicuramente risalgono alla preistoria anche i falli in territorio di Torchiarolo. Diego De Pandis, esperto subacqueo, appassionato e provetto fotografo ha ritrovato a 28 metri di profondità nell acque di Santa Cesarea Terme un grosso fallo, ben lavorato, all’apparenza molto antico. Nelle grotte di Poggiardo, fra punte di freccia e reperti di ogni tipo, sono saltati fuori anche diversi falli, appena sbozzati, sicuramente usati per culti, ad alto contenuto simbolico. Il più visibile, ma anche “nascosto”, si trova nelle viuzze del centro storico di Lecce (via Palmieri). Siamo ormai in epoca moderna, primi del 900, forse anche prima. Una finestra, una vetrata particolare, che stava a segnalare una casa per appuntamenti, citata anche dal grande poeta salentino Vittorio Bodini in una poesia.   Fonte: Salentoacolory  

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