Politica "E' morto per salvare gli altri italiani" In un attacco kamikaze avvenuto a Kabul la scorsa settimana, è morto a soli 47 anni il salentino Pietro Antonio Colazzo. Era il “numero due” del servizio segreto italiano per l&rsqu... 04/03/2010 a cura della redazione circa 4 minuti In un attacco kamikaze avvenuto a Kabul la scorsa settimana, è morto a soli 47 anni il salentino Pietro Antonio Colazzo. Era il “numero due” del servizio segreto italiano per l’estero a Kabul. “Era convinto di poter contribuire alla pace tra i popoli”. Sono le parole dei parenti di Pietro Antonio Colazzo, il 47enne consigliere diplomatico ex Sismi ucciso a Kabul in un attacco kamikaze lo scorso venerdì. Il salentino 007 sarebbe stato ucciso a colpi di arma da fuoco mentre era al telefono per contattare la polizia, subito dopo l’esplosione. L’ha chiarito il generale Abdul Raham, il capo della polizia di Kabul, che l’ha definito “un uomo coraggioso”. Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha raccontato: “L’attentato è avvenuto all’alba, in un albergo, dove dormivano molte persone, tra cui il nostro connazionale. Oltre all’autobomba vi è stato l’ingresso di terroristi al piano terra per cercare di tenere sotto controllo l’intero albergo, l’attacco è stato sventato ma purtroppo le bombe sono esplose». Oltre al nostro connazionale, nell’attentato sono rimaste uccise altre sedici persone. Domenica mattina a Kabul, sotto una pioggia battente, si è celebrata la breve cerimonia funebre di saluto per l’agente segreto Colazzo e il regista francese Severin Blanchet, ucciso anche lui nell’attacco terroristico. Le bare sono state poi caricate su un C-130 italiano e sono giunte a Roma lunedì mattina. Ad attenderle, insieme alle autorità, un gruppo di sei persone partite da Galatina: la sorella di Pietro Antonio, Stefania, insieme al marito Luigi Greco, l’ex moglie Mary Perrone (lo 007 era separato), lo zio di Stefania Giacinto Serafino, il cugino Maurizio Scalese, sottufficiale dei carabinieri, un cognato di Stefania, fratello del marito e un’amica inseparabile, Elena Serra. Pietro Antonio Colazzo, era il “numero due” del servizio segreto italiano per l’estero a Kabul. La sua era una vita sotto copertura: era accreditato come “consigliere diplomatico”. I magistrati della procura di Roma hanno aperto un’inchiesta e disposto l’autopsia. Sempre a Roma è stata allestita una camera ardente che ha accolto Colazzo per tutta la giornata di lunedì per poi far rientro nel Salento, dove martedì pomeriggio si sono svolti i funerali, concelebrati dall’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, monsignor Vincenzo Pelvi e dall’arcivescovo di Otranto, monsignor Donato Negro. “La sua morte è avvenuta in circostanze dolorose -ha detto durante l’omelia monsignor Pelvi- tali da sembrare una sciagura. In verità per chi ha fede, non è così: egli è nella pace. Ferito è riuscito ad aiutare altri italiani a salvarsi, prima di essere ucciso. Pietro Antonio non ha cercato la morte, non ha, però, neppure cercato di sfuggirla, perché giudicava che la fedeltà ai suoi ideali di libertà e verità fosse più importante della sua paura di morire”. 
“Del suo lavoro parlava poco, era prudente, ma abbiamo sempre conosciuto la sua passione straordinaria per le lingue orientali e il suo attaccamento allo studio anche dei dialetti di quei Paesi”. Sono le parole del cugino di Pietro, Domenico Serafino. Il cugino Scalese afferma: “Era convinto di poter contribuire alla pace tra i popoli”. Antonio Giustizieri, compagno di banco di Colazzo al liceo classico Colonna di Galatina, ha detto di averlo incontrato a Napoli a gennaio. “È come se avessi perduto un fratello, era una persona speciale e non raccontava quello che faceva. So solo che era stato nell’Oman e poi a Kabul”. A Galatina al civico 6 di via Bari un flusso di gente esprime il proprio dolore a Stefania, sorella di Colazzo, insieme ai suoi due bambini, Federica e Alessandro, molto legati allo zio Pietro Antonio. Nella stessa palazzina vivevano i genitori del funzionario dell’Aise, scomparsi alcuni anni fa. Lo 007 giungeva nel Salento appena poteva, circa due volte l’anno. L’ultima volta è stata la scorsa estate. In città lo ricordano in pochi, poiché aveva lasciato la sua terra circa 25 anni fa. Quello che si sapeva è che lavorava in ambasciata come consigliere. Il commissario prefettizio di Galatina, Alberto Captano, ha proclamato il lutto cittadino “per onorare degnamente -afferma in un messaggio rivolto alla città- la memoria dell’eroe Pietro Antonio Colazzo, testimone dei valori della nostra terra”. Il funzionario è ricordato anche per aver “eroicamente immolato la propria esistenza per la Patria e la pace nel Mondo”. Un amico di Pietro in una lettera ha scritto: “È morto in circostanze odiose, la bomba è stata di una violenza terrificante. Ferito ha chiamato al telefono il comandante della polizia e l’ambasciata. È chiaramente riuscito ad aiutare gli altri italiani che stavano nello stesso albergo a salvarsi, prima di essere ucciso a colpi di fucile o da una granata». Comunque, afferma l’amico, “quelli che hanno visto i corpi dicono che, nonostante le ferite, aveva un’espressione serena”. Paolo Antonio Franza
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