Salute Sette “Disturbo da selfie”: ecco le insidie che si nascondono dietro un’esasperata voglia di apparire Tutti i sintomi della “Sindrome da selfie”. Intervista alla dottoressa Silvia Perrone. Siete a cena e passate la prima mezz’ora a fare il selfie per informare tutti della vostra s... 24/05/2018 a cura della redazione circa 4 minuti Tutti i sintomi della “Sindrome da selfie”. Intervista alla dottoressa Silvia Perrone. Siete a cena e passate la prima mezz’ora a fare il selfie per informare tutti della vostra splendida serata, poi qualche foto viene scattata anche in bagno, perché c’è uno specchio e la luce è buona, poi con l’amico che incontrate e nell’auto, mentre guidate, e così via per tutta la giornata. Se passate molte ore in questo modo, o si tratta del vostro lavoro (siete influencer strapagati) o c’è qualcosa che non va. Dal mondo della psicologia giungono brutte notizie: il bisogno ossessivo di postare foto scattate col cellulare, con o senza labbra a cuore, può essere un disturbo mentale, definito “selfite” da alcuni psicologi. Secondo l’APA, Associazione Psicologica Americana, il 60 per cento delle donne che soffrono di questa patologia non se ne rendono conto: usano il cellulare in maniera ossessiva e poi si sentono depresse e disorientate. Qualcuno divide il disturbo in tre fasi: acuta, cronica e saltuaria. C’è qualche psicologo che ha proposto di inserire nei manuali medici il “selfie esasperato” tra le patologie e le dipendenze da curare. Il disturbo può essere definito cronico nei casi patologici di scatti durante tutta la giornata, con almeno sei post al giorno (tra gli adolescenti questo stato non è raro). E’ considerata fase borderline quella in cui ci si limita almeno a tre scatti al giorno in maniera continuativa. Non per tutti gli studiosi si tratta di una patologia, ma il fenomeno è sotto la lente d’ingrandimento, anche perché provoca una sorta di “assenza dal contesto”. Ci si concentra totalmente su un’attività compulsiva e, scatto dopo scatto, ci si assenta dall’attività primaria (una cena, la lezione a scuola, la guida di una macchina, lo studio, la gita o il lavoro). Cosa c'è dietro alla sindrome da selfie Molto spesso la sindrome del selfie è scatenata da un’esasperata voglia di essere notati, approvati: è una spasmodica, ansiosa e faticosa ricerca del consenso e dell’approvazione sociale. E’, tra l’altro, un modo di filtrare la realtà rendendola migliore di quella che è. E’ come la costruzione di un mondo irreale e confortante nel sul effimero successo. Quindi, la ricerca di like sfocia nel nudo di adolescenti che sfiorano il “soft porno”. Si condivide un momento in una fase di solitudine e si mettono in luce determinate qualità fisiche considerate punti di forza in una società altamente competitiva. Il tutto sfocia in una gara ad essere visti di più. Un tempo questo disturbo si manifestava passando molte ore allo specchio: adesso quello specchio è offerto dallo smartphone, che permette di collocare la propria identità da qualche parte, plasmandola nel modo in cui la si vuol far percepire all’esterno. Un selfie può cambiare la vita di un adolescente: se non ha successo, diventa devastante, contribuisce a far barcollare la già difficile identità di chi vuole essere visto a tutti i costi. La psicologa Silvia Perrone spiega cos'è un ‘disturbo da selfie Dottoressa esiste davvero il “disturbo da selfie”? Come si manifesta e quando dobbiamo preoccuparci? “Nel 2014 una storia apparve su un sito web chiamato Adobo Cronicles che sosteneva che L’American Psychiatric Association aveva classificato l’uso eccessivo di Selfie come nuovo disturbo mentale. Si trattava di una notizia non vera, ma sicuramente premonitrice dato che, successivamente, un gruppo di psicologi, Janarthanan Balakrishnan1 e Mark D. Griffiths, hanno condotto una ricerca in India su un campione di 400 studenti per comprendere meglio l’entità del fenomeno. In tale occasione è stato definito un questionario che ha permesso di evidenziare quanto l’uso eccessivo di selfie sia correlato a vari fattori quali la competizione e la consapevolezza sociale, la ricerca di attenzioni, l’umore, l’autostima”. Questo tipo di disturbo ha più a che fare col narcisismo o con l’esibizionismo? “Questo tipo di comportamento potrebbe essere considerato un disturbo nel momento in cui determina conseguenze negative sul funzionamento della persona come accade per molte altre dipendenze e ossessioni e potrebbe avere a che fare con la dipendenza dagli altri al fine di definire la propria identità e regolare l’autostima, aspetti questi definiti dal DSM V per una parte del disturbo narcisistico di personalità”. Perché esiste questa irresistibile esigenza di avere conferme sui social, di guadagnare più like possibili, e di essere sempre presenti, qualunque cosa si faccia? “Tutti gli esseri umani sono accomunati dagli stessi bisogni cosiddetti primari quali il bisogno di essere considerati, di essere amati e amabili, di essere inclusi e presi in considerazione. Se questo non accade fin dalla prima infanzia, come bene descrive Jeffrey Young, padre della Schema Therapy, l’individuo può avere problemi di personalità e convinzioni su di sé e sul mondo disfunzionali. Il mondo del Like offre spesso una gratificazione apparente ed effimera a questi bisogni e contribuisce alla mercificazione delle relazioni”. G.G.
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