Salute Sette Lecce Quando i sensi di colpa generano un disturbo ossessivo-compulsivo: l'intervista alla psicologa Dialogo con la psicologa Annalisa Bello: da dove nasce, come riconoscere e come curare il disturbo ossessivo-compulsivo. Tornate a casa più volte per controllare se avete chiuso la porta, l&... 21/06/2018 a cura della redazione circa 10 minuti Dialogo con la psicologa Annalisa Bello: da dove nasce, come riconoscere e come curare il disturbo ossessivo-compulsivo. Tornate a casa più volte per controllare se avete chiuso la porta, l’acqua o il gas? Vi lavate troppo spesso le mani per una paura esasperata dei germi? Siete ossessionati in maniera maniacale dalle pulizie in casa? Questi e altri campanelli d’allarme dovrebbero farvi sospettare di essere affetti da un disturbo ossessivo-compulsivo. Niente di irreparabile: bisogna scavare dentro la nostra mente per capire cosa ci ha spinti fino ad un punto che abbassa notevolmente la nostra qualità della vita. Alcuni casi di scuola narrano di gente chiusa in casa o che dà la mano col guanto agli amici per non contrarre malattie. Il DOC, obsessive-compulsive disorder, rende esausto chi ne è affetto: immagini e pensieri negativi si fanno spazio nelle giornate di questi pazienti. Il contenuto minaccioso delle ossessioni genera costante preoccupazione: “Se faccio questo danneggio i miei figli. Avrò chiuso il gas? La casa non è mai veramente pulita come dovrebbe”. Un’idea ossessiva è già un problema per il solo fatto di essere pensata: è lo stesso meccanismo con idee erotiche. Si possono avere, ad esempio, continui pensieri erotici che generano sensi di colpa. La sofferenza è tanta e si apre la strada alle malattie psicosomatiche. Le ossessioni possono essere di diverso tipo, anche religiose o a sfondo sessuale e sociale. Si tratta di pensieri ricorrenti, una nevrosi ossessiva, che è classificata come disturbo psichiatrico. Un individuo su 50 ne è affetto. Oggi vediamo tutto quello che c’è da sapere su questo problema grazie all’intervista rilasciata dalla psicologa e psicoterapeuta Annalisa Bello. Perché è così diffuso il disturbo ossessivo compulsivo? È colpa della società nevrotica e altamente competitiva in cui viviamo o è una questione di genetica? “Sebbene sia un disturbo ampiamente diffuso, basti pensare che in Italia circa 800 mila persone soffrono di Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) è difficile risalire ad una causa. Il suo sviluppo, come quello di altre patologie, non è determinato dalla presenza di un unico fattore e questo nell’ambito della salute mentale assume particolare rilievo, ancor più nel caso del Disturbo Ossessivo Compulsivo rispetto al quale la letteratura in merito non sembra convergere ampiamente nell’individuazione di ciò che lo causa. Per ciò che concerne fattori prettamente psicologici, rivestono particolare rilevanza alcuni esperienze infantili vissute all’interno di un clima familiare rigidamente improntato sul rispetto delle regole, la cui inosservanza si associa a punizioni severe e scarsamente prevedibili o, ancor più, alla minaccia una rottura relazionale e affettiva. Pensiamo, ad esempio, al genitore che “tiene il muso”al bambino per giorni per poi ricongiungersi ad esso in modo improvviso, senza chiarire il motivo del muso. Un ambiente di questo tipo contribuisce a sensibilizzare il bambino verso alcuni temi particolarmente vicini al disturbo ossessivo compulsivo come quello della colpa e, in particolar modo, di uno specifico tipo di colpa, quella di tipo morale legata alla violazione di regole e principi morali. In tal senso, il bambino imparerà a non “dover” trasgredire le regole, pena il vissuto di colpa morale per non averle seguite tanto da nutrire una sorta di intollerabilità verso il senso di colpa e l’idea di poter essere colpevole, catastrofizzando la rappresentazione di un’emozione che come quella della colpa è parte ineludibile dell’esistenza umana. Riassumendo, quindi, possiamo dire che una forte rigidità morale quale frutto di una educazione particolarmente severa con grande attenzione alle regole e con punizioni sproporzionate rispetto all’errore commesso o difficilmente prevedibili, è un elemento ricorsivo nella storia di vita di pazienti con disturbo ossessivo compulsivo (DOC)”. Quando la cura della casa, l’ordine, il lavarsi le mani o altri gesti comuni diventano comportamenti ossessivi-compulsivi? Quali sono i campanelli d’allarme? “Per rispondere a questa domanda reputo necessario spiegare brevemente cos’è il Disturbo Ossessivo Compulsivo, noto come DOC, e che si caratterizza per la presenza di ossessioni e/o compulsioni. Pensiamo, ad esempio, al paziente che è letteralmente ossessionato dall’idea di aver lasciato il rubinetto del gas aperto cosi da vivere con tanta ansia l’intrudere del dubbio ossessivo “e se avessi lasciato il gas aperto?”, ogniqualvolta, è costretto ad allontanarsi da casa. Nella sua mente, infatti, il dubbio di avere lasciato il rubinetto del gas aperto allude alla minaccia di una catastrofica esplosione, minaccia da dover esorcizzare a tutti i costi tanto da sentirsi costretto a ritornare indietro e operare i cosiddetti check, ossia le compulsioni di controllo che consistono, in questo caso, in ripetuti gesti di apertura e chiusura che possono andare avanti per ore e ore tanto da sovvertire pesantemente la quotidianità della persona che ne soffre, invalidandone il funzionamento in tutte le aree di vita, da quella lavorativa a quella familiare e sociale. Pensiamo, ad esempio, al ritardo con cui il paziente, intento a controllare ripetutamente i rubinetti del gas, cumula a lavoro, collezionando richiami che alla fine possono portare al licenziamento. Nel caso del DOC, la persona si sente obbligata a mettere in atto alcuni gesti e per quanto cerchi di resistere o contrastarli presenta difficoltà nel farlo effettivamente. Per quanto apparentemente inspiegabili, i comportamenti compulsivi (pensiamo alle volte in cui il paziente dell’esempio è andato avanti e indietro aprendo e chiudendo i rubinetti del gas) trovano significanza nel tenere a bada, esorcizzandola, la minaccia veicolata dal pensiero ossessivo, che, nel caso dell’esempio, riguarda l’esplosione. Le ossessioni e le compulsioni sono vissute con una marcata sofferenza e occupano un tempo significativo della giornata, interferendo con le attività quotidiane come il lavoro, lo studio, la vita familiare e quella di relazione. Quello che fa la differenza tra comuni gesti e compulsioni è legato al fatto che le compulsioni si manifestano in risposta alle ossessioni e ne rappresentano un tentativo di soluzione alla minaccia veicolata dal pensiero ossessivo. Inoltre, alle compulsioni di solito segue un senso sollievo temporaneo dal disagio causato dalle ossessioni. Per esempio, il comune gesto di lavarsi le mani inizia ad essere preoccupante quando segue all’intrusiva, ricorrente e pervasiva ossessione di avere le mani piene di germi pericolosi e viene messo in atto ripetutamente come tentativo di allontanare la minaccia del temuto pericolo di contaminazione”. La consapevolezza di avere questo tipo di disturbo come si raggiunge in genere? C’è chi può non accorgersi per tutta la vita di essere in questa situazione? “La consapevolezza di soffrire di DOC passa per il ‘prezzo’ che la persona ‘paga’ in termini di qualità di vita, in termini di compromissione della propria quotidianità tediata dalla pervasività della sintomatologia ossessiva dalla quale il paziente si sente costretto a mettere in atto azioni reiterate piuttosto che fare determinati pensieri che lo fagocitano completamente, allontanandolo dal lavoro, dagli affetti, dalla vita relazionale. Ma ancor più, la consapevolezza passa per il tramite di una valutazione secondaria che il paziente opera rispetto alla propria condotta ossessiva e che si caratterizza per il fatto di essere improntata sull’ autocritica, sull’autosvalutazione. Pensieri del tipo (“Ma cosa sto facendo? Sto proprio esagerando, faccio cose stupide, sono uno stupido!”) abitano la mente di pazienti che soffrono di DOC, che sovente spinti da notevole preoccupazione (“cosa sta succedendo nella mia mente? Sono pazzo?”) circa la cronicità della problematica che vivono, giungono a richiedere aiuto. Diverso è il caso di pazienti con scarsa consapevolezza del disturbo. Si tratta di pazienti che faticano a rendersi conto delle conseguenze che il disturbo ha sulla propria vita e non si sentono quindi motivati ad affrontare un trattamento, che richiede comunque sforzo e impegno”. Quali sono i casi di disturbi ossessivo-compulsivi più gravi che le sono capitati? A cosa può portare un disturbo del genere? “Ho avuto modo di accogliere richieste d’aiuto da parte di diverse tipologie di disturbo ossessivo compulsivo. Tra i più gravi posso sicuramente, posso riportare il caso di una bambina in età scolare che era ossessionata dal pensiero di non comprendere fedelmente quello che leggeva tanto da dover leggere e rileggere più volte e per più tempo lo stesso capoverso. Si può facilmente evincere quanto fosse pesante e faticoso per lei fare i compiti, considerando che poteva trascorrere interi pomeriggi su una paragrafo di storia, giungendo fino a sera stremata e stanca per poter fare il resto. Mi viene in mente, ancora, un mio paziente ossessionato dal pensiero di potersi pungere con oggetti appuntiti o contundenti e di poter contrarre il virus dell’HIV. Il paziente in questione, ad esempio, rinunciava ad andare al mare per evitare di incorrere nel rischio di pungersi sulla sabbia oppure controllava minuziosamente la stanza del mio studio per sincerarsi che sul pavimento piuttosto che sulla scrivania non ci fossero aghi o oggetti potenzialmente dannosi in tal senso. O, ancora, ricordo il caso di un paziente che temeva di poter pronunciare parole offensive o cattive tanto da limitare drasticamente le interazioni sociali ad uno scarno scambio comunicativo, rinunciando ad una fetta di vita sociale più ricreativa. In ultimo, il caso di una paziente che era ossessionata dall’idea di contaminarsi di caratteristiche poco desiderabili socialmente e che si sentiva costretta a lavarsi le mani ripetutamente, fino a provocarsi delle spaccature, oltre a lavare e disinfettare i propri indumenti nel dubbio di poter essere entrata in contatto con persone dall’aspetto poco piacevole”. Come ci si cura? Cosa fa lo psicologo quando ha a che fare con un disturbo di questo genere? “La terapia più efficace, secondo la letteratura scientifica, è quella di matrice cognitivo-comportamentale finalizzata a breve termine a ridurre la quantità e la frequenza dei sintomi e, più a lungo termine, a rendere il soggetto meno vulnerabile ai temi e ai meccanismi cognitivi che hanno contribuito alla genesi e al mantenimento del disturbo ossessivo compulsivo. La tecnica elettiva nel trattamento è basata sulla esposizione prevenzione della risposta nonché sull’accettazione del rischio di colpa e di contaminazione. L’esposizione consiste nel mettere un soggetto in contatto con uno stimolo o situazione che elicita disagio per un lasso di tempo maggiore a quello che il soggetto normalmente tollera. La prevenzione della risposta, invece, consiste nel bloccare i comportamenti sintomatici normalmente messi in atto dal paziente dopo il contatto con la situazione temuta. Nella terapia cognitivo-comportamentale non mancano interventi finalizzati al cambiamento dei contenuti cognitivi che contribuiscono alla genesi e al mantenimento del disturbo ossessivo compulsivo. Le percentuali di guarigione registrate in letteratura variano tra il 50 e l’85%”. Quante sedute ci vogliono per guarire? “Dipende da una serie di fattori. Quali la gravità della sintomatologia, la motivazione e l’impegno profusi dal paziente oltre che alla soggettività di ogni paziente. Ci si può pronunciare dando una stima della durata media del trattamento che si aggira intorno alle 25 sedute con cadenza settimanale”. Anche una passione o il sesso possono diventare disturbo ossessivo-compulsivi? “Dipende da come vengono vissuti dalla persona. La presenza della sintomatologia ossessiva è vissuta con sofferenza e disagio perché le ossessioni sono presenti in modo costante e ripetuto e non lasciano tregua, perchè il loro contenuto è minaccioso e comporta preoccupazione avendo a che fare col timore di poter essere esposti a un pericolo e di essere in qualche modo colpevoli ed essere, pertanto, persone immorali e pericolose. Riguardo al sesso, ad esempio, un’idea ossessiva può essere problematica anche per il fatto stesso di essere stata pensata. Basti pensare, ad esempio, ai casi di pazienti ossessionati da pensieri erotici come quelli legati al timore di essere o poter diventare omosessuale o pedofilo”. Esistono terapie farmacologiche per combattere questo disturbo? “Si, esistono terapie farmacologiche rispetto alle quali il trattamento cognitivo-comportamentale risulta avere un’efficacia confrontabile a breve e medio termine col vantaggio di poter avere una stabilità dei risultati ottenuti tanto che vi sono percentuali minori di ricaduta oltre ai minori effetti collaterali”. Breve biografia dell’intervistata: Dottoressa Annalisa Bello Psicologa-Dottore di ricerca in Neuroscienze Cognitive Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale Cultore della Materia in Neuropsicologia presso Università degli Studi “Guglielmo Marconi” di Roma Consulente Tecnico della Procura della Repubblica presso il Tribunale Penale di Lecce Consigliere Regionale Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva (SITCC) Puglia Cotrainer alla didattica presso l’Associazione di Psicologia Cognitiva di Lecce http://www.psicoterapia-cognitiva-puglia.it/dr-annalisa-bello/ Gaetano Gorgoni
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