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Malattie alle vie urinarie, l'importanza della prevenzione: intervista al dottor Giannone

Problemi urologici, come individuarli ed evitare le "invasioni di campo" di altri medici specialisti. L'intervista al dirigente medico e urologo del Vito Fazzi. Avete avuto una cistite in p...

Problemi urologici, come individuarli ed evitare le "invasioni di campo" di altri medici specialisti. L'intervista al dirigente medico e urologo del Vito Fazzi. Avete avuto una cistite in passato o problemi alle vie urinarie e vi siete rivolte al ginecologo? Scelta sbagliata: è l’urologo lo specialista idoneo a intervenire sui problemi che riguardano l’apparato urinario maschile e femminile. E’ anche vero che un buon ginecologo, essendo sempre un medico-chirurgo, può risolvere il problema, ma non potrà mai andare a fondo così tanto come uno specialista di quei particolari organi interni. Noi profani spesso ignoriamo le differenze, così per una malattia venerea ci si rivolge al ginecologo anziché al dermatologo e venereologo. Alcuni specialisti, invece di instradare il paziente verso lo specialista più appropriato, commettono quella che potremmo definire una vera e propria “invasione di campo”. L’ideale sarebbe che iniziassero a prendere piede gli studi multidisciplinari, che già esistono. Oggi proveremo a fare un po’ di chiarezza sulle competenze dell’urologo, spiegando quali sono le principali patologie urologiche e come risolverle. In questo difficile compito ci aiuterà il dottor Vincenzo Giannone, laureato in medicina e Chirurgia a Padova, poi specializzatosi in Urologia, che dopo una lunga esperienza fuori regione è tornato a Lecce dove ricopre il ruolo di dirigente medico del reparto Urologia dell’ospedale Vito Fazzi.  PROBLEMI UROLOGICI E “INVASIONI DI CAMPO”: IL RISPETTO DELLE COMPETENZE L’urologia racchiude alcune “super- specializzazioni”: urologia pediatrica, endo-urologia, neuro-urologia, onco-urologia, uro-ginecologia, andrologia, urologia dei trapianti. Molti confondono l’urologo col geriatra, anche perché sono noti i guai urologici connaturati all’età di molti pazienti. In alcune università esiste la cattedra di urologia pediatrica (ad esempio, a Padova): a Lecce non c’è il reparto specifico (esiste però Chirurgia pediatrica). Manca in Italia, come hanno fatto notare alcuni studiosi, l’urologia dell’adolescenza. L’urologo è il medico che si occupa dell’apparato urinario maschile e femminile e del retroperitoneo maschile e femminile (uno spazio virtuale che si trova tra il peritoneo posteriore e la parete addominale posteriore). Tanto per chiarire, il ginecologo è lo specialista dell’apparato genitale femminile. La donna è abituata a rivolgersi a quest’ultimo professionista anche per problemi che dovrebbero interessare solo l’urologo. E’ una questione culturale. I profani devono cominciare a informarsi. Un’infezione vaginale può essere competenza del dermatologo o dell’infettivologo, ma spesso si va dal ginecologo. Cute e mucose visibili sono competenza del dermatologo. Combattere il germe, invece, è compito dell’infettivologo. Se una donna soffre di candida, può rivolgersi al dermatologo, ma la causa può essere verificata meglio da un infettivologo. “Se qualcuno si ammala di balanopostite (condizione morbosa a carattere infettivo-infiammatoria che interessa il glande) siamo tutti bravi a risolverla con alcuni medicinali piuttosto conosciuti, ma al paziente, che non si rivolge allo specialista indicato per quel problema, mancherà la diagnosi. Quando uno ha un foruncolo sul naso non va all’otorino, ma dal dermatologo. La formazione del paziente dovremmo farla noi, indicando qual è lo specialista idoneo per quel problema” – spiega il dottor Giannone. Insomma, il rispetto delle competenze sarebbe la migliore impostazione per risolvere problemi specifici. INTERVISTA AL DOTTOR VINCENZO GIANNONE, DIRIGENTE MEDICO E UROLOGO DEL VITO FAZZI DI LECCE Dottore, i profani sono convinti che i problemi urologici riguardino prevalentemente il paziente anziano, però anche i più giovani devono preoccuparsi più spesso di controllare il buon funzionamento dell’apparato uro-genitale, vero?  “L’urologo è lo specialista che si occupa dell’apparato urinario e genitale maschile, nonché dell’apparato urinario femminile. Le malformazioni dell’apparato urinario, da sole o in associazione con quelle di altri organi o apparati, sono tra le malformazioni più frequenti e di queste si occupa l’urologo, soprattutto nella fascia di età adolescenziale, non più pertinenza della chirurgia pediatrica. Inoltre, il tumore del testicolo è la prima causa di morte per neoplasia dai 18 ai 34 anni. Diagnosticare per tempo questa patologia significa poterla guarire nel 100 per cento dei casi. Sempre nel giovane, soprattutto da quando non esiste più la leva obbligatoria, con uno screening di tante malattie che riguardano questa fascia d’età, è possibile identificare e trattare tempestivamente patologie che possono compromettere la fertilità maschile. In ogni fascia di età, inoltre, si può essere affetti da patologia litiasica: intendendo con questo termine la calcolosi urinaria sia nel sesso maschile che femminile. Poi, si possono riscontrare tutta una serie d’infezioni. Questo è il motivo per il quale l’urologo può essere considerato uno specialista di riferimento in qualsiasi fascia d’età”. Le statistiche dicono che i maschi italiani sono reticenti a farsi visitare dall’urologo: 9 milioni di italiani si trascurano. Quante visite bisogna fare e quando per prevenire i vari problemi che possono interessare un paziente? “Ha destato scalpore l’intervista apparsa sul Corriere della Sera, circa tre anni fa, dell’allora presidente della Società Italiana di Urologia, Giuseppe Martorana, il quale provocatoriamente affermava che l’uomo italiano tratta meglio la propria macchina che non sè stesso: in questo modo si rischia di non diagnosticare in tempo utile patologie potenzialmente curabili. Il calendario di visite urologiche prevede un controllo a 2, 4, 8,12 anni normalmente effettuate dal pediatra, quindi una visita a 18 anni. Salvo problemi, le visite successive dovrebbero avvenire dai 50 ai 60 anni una volta all’anno e dai 60 in poi una volta ogni 6 mesi. Nei casi di familiarità per patologie neoplastiche, il controllo annuale dev’essere anticipato a partire dai quarant’anni. Naturalmente questo vale per i soggetti sani. Nel caso in cui un paziente abbia avuto un episodio di vita di litiasi urinaria a trent’anni, i controlli periodici partono da quella data, ovviamente affidandosi ai consigli del propri specialisti di riferimento. Generalmente non sussistono problemi di lista d’attesa quando il paziente sia correttamente informato e abbia cura di prenotare le visite in tempo utile”. Come si previene la prostatite? Quali sono le cause e quali i trattamenti all’avanguardia per curarla? “La prostata è una ghiandola fisiologicamente infetta. Viene contaminata già in occasione del primo rapporto sessuale. Una regolare dinamica minzionale tuttavia è sufficiente a impedire l’evoluzione in prostatite. In soggetti predisposti a causa di stili di vita non corretti (abuso di alcol, diete particolarmente speziate, sedentarietà, promiscuita), secondo particolari condizioni cliniche oppure, con il passare degli anni, a causa di un incremento volumetrico della prostata (etiopatogenesi multifattoriale) possono insorgere infezioni acute: se tempestivamente riconosciute e trattate, se vengono rimossi i fattori predisponenti che le hanno determinate, generalmente guariscono senza lasciare esiti. Ma se la prostatite non è correttamente inquadrata e tempestivamente trattata in tutti suoi aspetti può cronicizzare e qualche volta lasciare fastidiosi esiti dolorosi che configurano il quadro di dolore pelvico cronico tanto mortificante per il malato quanto frustrante per il medico, che con grande difficoltà riuscirà a rimuovere le ricadute sul paziente anche di carattere psicologico. Ovviamente il paziente dovrà per quanto possibile correggere i propri stili di vita. Noi urologi definiamo ‘sedentari’ anche il ciclismo o l’equitazione, che pur essendo attività sportive obbligano a stare seduti per molto tempo”. I calcoli urinari, che sono un problema molto comune, provocano in grande dolore: c’è un modo per prevenirli?  “Si definisce calcolosi urinaria la presenza di aggregati di sali minerali (calcio, ossalato, carbonato o acido urico per esempio) dei reni e della via escretrice o nella vescica. Esiste una calcolosi di organismo, una calcolosi di apparato o una calcolosi d’organo. La loro presenza ostacola il deflusso urinario cui consegue la distensione della via escretrice che genera il classico dolore chiamato colica renale. Il ristagno di urina può anche determinare infezioni gravi che costituiscono la più comune delle complicanze. Tra le cause più comuni della calcolosi d’organo o di apparato ci sono alcune malformazioni dell’apparato urinario. Più ampio è il discorso della calcolosi di organismo verso la quale si è predisposti a causa di una vasta gamma di patologie che determinano nella circolazione sanguigna o nelle urine una iper concentrazione di sali quali il calcio, il fosforo, l’acido urico, oppure anche una riduzione di altri sali come fosforo e magnesio che normalmente mantengono il calcio e il fosforo in soluzione. Caso a parte è la calcolosi di cistina che colpisce in età pediatrica: si tratta di un problema ereditato da genitori che potremmo definire portatori sani del carattere autosomico recessivo. Dopo il primo, o al massimo secondo, episodio di colica renale, vanno individuati i fattori predisponenti di organo, organismo o apparato che vanno corretti ed è questa la prevenzione più efficace nei confronti della calcolosi urinaria. In passato era una delle cause più frequenti di insufficienza renale terminale che portava alla dialisi. Una corretta alimentazione povera di acido urico che deriva dal catabolismo degli acidi nuclei riccamente rappresentati nella carne, adeguato introito di liquidi, controlli clinici periodici sono le norme comportamentali utili a prevenire la calcolosi e le sue temibili complicanze. Una cosa mi preme sottolineare e cioè rifuggire dai luoghi comuni e dai consigli di conoscenti e amici i quali con facilità possono suggerire nel paziente che formi calcoli a base di calcio l’ abolizione del calcio nella dieta. Il paziente che formi calcoli di calcio può essere affetto da patologie renali che favoriscono la perdita del calcio nelle urine pur in presenza di valori di calcio ematici nella norma. In questi casi non è rimuovendo il calcio della dieta che si ottiene la soluzione del problema, dal momento che il calcio, in quel caso, verrebbe ottenuto dal catabolismo delle ossa favorendo una demineralizzazione dell’osso, osteoporosi e fratture ed Importanti squilibri metabolici ed ormonali”. Come difendersi dal tumore alla prostata? “Il tumore della prostata è la neoplasia più diffusa nel sesso maschile. La precisa eziopatogenesi non è nota. Dal momento che la sua insorgenza coincide con una fascia di età in cui avvengono numerosi capovolgimenti ormonali, lo si correla agli androgeni. Infatti, terapia di prima linea nei tumori non trattabili chirurgicamente, sono farmaci ad azione anti-androgena. La possibile coesistenza di neoplasie in soggetti dello stesso nucleo familiare fa supporre l’importanza di una predisposizione ereditaria come un po’ in tutte le malattie di questo tipo. Sostiene l’ipotesi genetica l’osservazione che incida infatti in percentuale diversa nelle diverse razze colpendo al primo posto la razza afro-americana ed all’ultimo quella orientale. Molte osservazioni chiamano in causa fattori dietetici, come l’abuso di carni rosse nella propria alimentazione e alimenti poveri di antiossidanti in generale, insieme a scorretti stili di vita quali la promiscuità sessuale probabilmente attraverso l’infiammazione. Tuttavia, ad oggi, non è possibile una prevenzione primaria intesa come allontanamento dalla causa mentre molto si può fare nell’ambito della cosiddetta prevenzione secondaria o diagnosi precoce, che consente di diagnosticare la neoplasia una fase in cui è potenzialmente curabile. Il calendario di controlli proposto a scadenza circa annuale dai 40 ai 50 anni e semestrale dei sessant’anni in poi favorisce il riconoscimento tempestivo del cancro considerando anche che la sua crescita è particolarmente lenta. Ma anche nei casi più tardivi la neoplasia della prostata e quella per la quale oggi la medicina dispone della gamma più vasta di trattamenti efficaci che vanno dalla radioterapia conformazionale, alla brachiterapia (che consiste nell’infiltrazione di aghi contenenti sostanze radioattive all’interno della prostata) alla terapia di blocco androgenico, fino alla chemioterapia: tutti questi trattamenti consentono ai malati un’accettabile spettanza di vita ed una qualità della stessa nettamente migliore”. Il varicocele è un problema molto diffuso tra gli uomini? Si può prevenire? Oltre al dolore e al rischio d’infertilità cosa può provocare? Quali sono le novità nel campo della cura del varicocele? Nel caso sia necessario operare qual è la tecnica più efficace da adoperare?  “Si definisce varicocele il sistema di vene che drena il sangue refluo dal testicolo riconoscendo come causa la lassità delle vene gonadiche, pertanto definito anche essenziale oppure idiopatico, più raramente può essere secondario a masse retroperitoneali che comprimono e ostacolano il ritorno venoso (varicocele sintomatico). Nel primo caso è più frequente a carico del testicolo sinistro, potendo però essere anche bilaterale con insorgenza prevalentemente a sinistra. Colpisce una fascia di età tra 15 ed i 25: una percentuale di circa il 15% della popolazione, ma che può raggiungere anche percentuali maggiori nei casi sub-clinici diagnosticabili soltanto con l’ecografia color-doppler. Il sangue così non depurato determina con dinamiche diverse il danno in entrambi i testicoli e conduce a sterilità. La terapia è chirurgica: intervenendo per tempo si può prevenire questa sgradevole evoluzione. Il trattamento di elezione si avvale di procedure di radiologia interventistica, e consiste nell’embolizzare iniettando sostanze sclerosanti all’interno delle vene dilatate, che vengono raggiunte attraverso micro cateteri introdotti per via venosa dal braccio o dalla radice della coscia. In casi particolari si possono posizionare spirali metalliche di materiali inerti che completano la procedura. Il trattamento è rapido, pressoché indolore, e può essere eseguito anche in regime ambulatoriale. Non è gravato da complicanze ed è quello associato a minor incidenza di recidive. L’unica controindicazione è rappresentata dall’allergia ai mezzi di contrasto che devono essere iniettati per una corretta procedura. In una percentuale minima di casi per motivi anatomici può risultare infruttuoso incannulare vene di così piccolo calibro e in queste circostanze si può quindi ricorrere agli interventi chirurgici tradizionali il cui esito non è pregiudicato dalla procedura già effettuata. Altra cosa è il varicocele sintomatico che colpisce generalmente pazienti di una fascia di età maggiore, a insorgenza acuta: spesso può presentarsi anche esclusivamente a carico del plesso spermatico di destra. In questo caso la diagnosi e il trattamento dovranno essere orientati verso l’individuazione e cura della patologia di base. Ancora una volta deve passare il messaggio che un varicocele non può essere banalizzato è ridotto a una semplice varicella venosa perché può sottendere malattia grave ed ecco perché è importante consultare sempre uno specialista di fiducia”. La disfunzione erettile è un problema diffuso? Viene sottovalutato? Come viene curato a Lecce?  “Le ‘iperprestazioni’ sono attese anche dal giovane il sabato sera, sicché pare che in Italia assumano farmaci per deficit erettile almeno 3 milioni di persone senza considerare il mercato parallelo su internet, ma è un dato che rischia di sovrastimare il problema. Fatte queste debite premesse e limitando il campo al deficit erettile su base organica, questo va considerato un sintomo al pari di altri e pertanto, a prescindere dal fine, va correttamente inquadrato per escludere patologie anche gravi prevalentemente a carico dell’apparato cardiovascolare o del sistema nervoso. Un caso a parte è il deficit erettile secondario a gravi traumi con fratture del bacino o interventi demolitivi in addome, dove l’eziologia è chiaramente evidente. Alla diagnosi segue la terapia medica per via orale o per iniezione intracavernosa, iniettando cioè il farmaco direttamente all’interno dei corpi cavernosi nel pene. Nei casi intrattabili conservativamente è possibile intervenire chirurgicamente mediante l’inserimento di protesi. Va sottolineato tuttavia che si tratta di interventi ad alto costo non contemplati dai LEA per i quali, fino ad oggi, la nostra Regione non ha previsto un contributo da parte dell’utente, ma non si può garantire che sarà così anche per il futuro. La nostra unità operativa affronta tutte queste problematiche dalla diagnosi alla terapia, presso l’ambulatorio di andrologia cui è possibile accedere muniti di semplice impegnativa e regolare prenotazione”. Lei aderisce alle iniziative di prevenzione che si tengono periodicamente con visite gratuite? “Da alcuni anni molte società scientifiche promuovono e patrocinano iniziative volte a diffondere la cultura della prevenzione e a queste manifestazioni abbiamo spesso aderito. In particolare la Società Italiana di Urologia, partendo dall’osservazione che la donna vive in media circa cinque anni in più dell’uomo senza che ce ne siano fondati motivi genetici, aveva previsto degli incontri con una fascia ampia di popolazione nel corso dei quali ci si sarebbe dovuti intrattenere parlando dell’importanza di attenersi a controlli urologici periodici. Periodici controlli dei più comuni markers di malattia, corretti stili di vita, una visita volta ad escludere la presenza di neoplasie. Solo così si sarebbe potuto estendere lo screening a una fetta molto ampia di popolazione, considerando anche un organico dell’unità operativa a volte appena sufficiente a ricoprire i turni. In realtà lo spirito dell’iniziativa non è stato correttamente inteso, a mio modo di vedere, considerando la settimana di prevenzione urologica piuttosto una strategia volta a ridurre le liste d’attesa o bypassare la consueta prenotazione ambulatoriale. Spesso rimaneva la percezione che molte aspettative dell’utenza fossero rimaste deluse tra lo sconcerto degli operatori. Per il futuro iniziative di questo tipo andranno comunicate più chiaramente”. Gaetano Gorgoni

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