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Flebite, "malattia dei commessi": curarla per evitare l'embolia polmonare

La trombosi venosa superficiale, che i profani chiamano “flebite”, può interessare soggetti predisposti che però facciano lavori che comportano lo stare in piedi o seduti, fe...

La trombosi venosa superficiale, che i profani chiamano “flebite”, può interessare soggetti predisposti che però facciano lavori che comportano lo stare in piedi o seduti, fermi per molte ore. Le complicanze di questo problema possono arrivare fino all’embolia polmonare. Grazie alla lunga esperienza del flebologo, dottor Ignazio Verde, vi diamo le dritte per evitare una patologia che esplode con l’infiammazione delle vene. La flebite è un’infiammazione a carico delle vene: vengono colpite in particolare le pareti delle vene superficiali delle gambe. Ma può succedere che un coagulo si formi nelle vene profonde, soprattutto in quelle della gamba, allora in questo caso parliamo di trombosi venosa profonda e non più superficiale. Ad ogni modo, bisogna essere informati su questo tipo di problematiche, saper leggere i segni e i sintomi e capire a chi rivolgersi: è il flebologo specialista il medico più indicato ad affrontare questa problematica. La trombosi venosa superficiale può avere origine traumatica o infettiva. Le vene varicose e l’ereditarietà sono i fattori di rischio che devono metterci in allarme per affrontare il problema nei tempi giusti. Per tutta una serie di cause si può verificare la comparsa di coaguli all’interno di vene di solito già “varicose” ,una delle cause  più ricorrenti è  la  prolungata stazione eretta o seduta (si pensi quei  lavori che impongono un’immobilità in piedi). Arrossamento, gonfiore, indurimento dei vasi venosi doloranti al tatto sono i tipici segnali della trombosi venosa superficiale, come ci ha spiegato nell’intervista che potrete leggere il dottor Ignazio Verde, chirurgo con un’esperienza ventennale in questo campo, responsabile dell’Ambulatorio di Flebologia clinica e specialistica presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”. Gli esami ematici possono essere il primo passo per l’accertamento di questa patologia (antitrombina III, proteina C, proteina S e altro), poi con l’ecocolordoppler si raggiunge la diagnosi certa. INTERVISTA AL DOTTOR IGNAZIO VERDE, SPECIALISTA FLEBOLOGO Dottore, per semplificare, possiamo dire che questa patologia consiste in un’infiammazione della vena? “È un termine un po’ generico quello dell’infiammazione della vena: dobbiamo invece distinguere in trombosi venose superficiali oppure profonde. Flebiti e varicoflebiti sono termini del passato, che vengono ancora utilizzati, ma dobbiamo utilizzare termini più aggiornati: parliamo di trombosi venosa superficiale”. Quella che noi profani chiamiamo “flebite” è un problema che può riguardare anche i più giovani? “Certamente, ho curato anche dei pazienti molto giovani: dai 18 anni in su si può essere affetti da questa malattia”. Com’è possibile che un soggetto molto giovane possa avere problemi simili? “Può succedere, quando non ci siano delle cause specifiche, nei pazienti che hanno una predisposizione alle trombosi tramandata in famiglia, ma si può trattare anche di giovani che hanno un determinato stile di vita: il salumiere, il barbiere, il parrucchiere o il commesso che sono sempre in piedi, spesso fermi per diverse ore al giorno: questo stile di vita può predisporre a questo tipo di problemi. La situazione di immobilismo associata alla predisposizione può scatenare la trombosi venosa superficiale”. Esiste la possibilità di prevenire questo problema? “La migliore prevenzione e quella delle calze elastiche, anche se esiste una prevenzione di tipo farmacologico. È necessario ridurre la stasi alle gambe. È un problema prevalentemente circolatorio, ma interessa anche chi ha problemi di coagulazione”. Quali sono i campanelli d’allarme delle trombosi venose superficiali? Quando dobbiamo correre dallo specialista? “Quando ci troviamo di fronte a un arrossamento localizzato, alla comparsa di una tumefazione/rigonfiamento duro e rosso in corrispondenza della gamba. In questi casi bisogna rivolgersi subito al medico curante, il quale prescriverà la visita dal flebologo urgente e, probabilmente, anche un ecocolordoppler per fare una diagnosi certa. È bene, però, che l’esame lo faccia chi prende in cura il paziente, cioè il flebologo”. Quali sono le tecniche con cui viene trattata la trombosi venosa superficiale? “Si usa l’eparina (farmaco iniettabile anticoagulante), ma sono molto importanti le calze elastiche. La calza elastica, se adeguatamente e tempestivamente indossata, può garantire una guarigione quasi completa. Quando non viene indossata, inevitabilmente si allungano i tempi. In genere Si tratta di collant (ma esistono anche gambaletti, autoreggenti) a compressione graduata: la maggiore pressione è alla caviglia e mano a mano che si sale, si allenta la compressione”. Quali sono le complicanze di questa malattia, quando non viene adeguatamente curata? “Siccome parliamo di trombosi venose, il sangue si può coagulare dentro la vena o perché c’è stasi o rallentamento del circolo, oppure per una lesione della vena. Il coagulo che si instaura all’inizio è molle: ed è questo il momento più delicato, perché il coagulo potrebbe spostarsi da lì e seguire il circolo venoso fino giungere i polmoni creando un’embolia polmonare. Questo tipo di malattia infatti si chiama “malattia trombo-embolica”. Si parla di ‘flebite’, per usare il termine che è stato utilizzato per anni, quando interessa una vena superficiale: quando interessa una vena più profonda, parliamo di trombosi. Però il rischio di embolia polmonare c’è sempre”. I profani non sanno a quale specialista rivolgersi, quando si manifestano i sintomi della flebite... “In epoca relativamente recente è emersa la figura del flebologo specialista, cioè quella figura che si occupa esclusivamente del sistema venoso. È uno specialista che si distanzia dal chirurgo vascolare, perché si concentra totalmente sul sistema venoso”. Gaetano Gorgoni

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