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L'eccezionale Giorgione si confronta con la cucina salentina

Il popolare oste è stato in questi giorni in città cimentandosi sull’interpretazione della cucina salentina.

In questi giorni Lecce, ha ospitato Giorgio Barchiesi in veste di padrino per l’inaugurazione della nuova sede della Gambero Rosso Academy, mentre il giorno seguente, quale protagonista di una ''cena show cooking'' presso l’Osteria di Lecce di via Liborio Romano, 37. Barchiesi, imprenditore e gastronomo fine ed acuto, si affida all’interpretazione di “Giorgione” per proporre il suo modo di intendere la cucina. Giorgione è un oste che accoglie i clienti con la sua convivialità e la sua salopette e che, per il suo modo di fare, riesce ad accattivare con la sua schiettezza e con la sua sottile ironia.

Il piglio di cuciniere non è quello di un generale d’armata, come quello dei tanti “Master Chef” ed il suo sapere non è una barriera ma un incontro, la sua cucina non si esprime nella verticalità del grande chef ma nella orizzontalità dell’oste. Ciononostante, le sue provocazioni risultano divisive, con lui si va alla conta per chi è favore o contro, ma non si rischia la rissa perché le spigolosità vengono ammorbidite dal suo linguaggio iperbolico che fa sfumare tutto in una risata

Fosse un vino, Giorgione potrebbe essere un vino da sauvignon blanc di quelli che per i suoi forti profumi acri o ti piace o te ne discosti. Ma i suoi sberleffi scuotono e provocano quel generale senso di politically correct che pervade la cucina italiana (e non solo...) che, generalmente, viaggia verso pratiche salutistiche mentre la sua cucina riposa tra due guanciali di maiale o meglio, assecondando la sua schiettezza, di ''porco''.


Con le sue ricette ''laide e corrotte'', Giorgione esalta i piatti goduriosi e di sostanza, perché in fondo, senza i grassi il cibo è insapore ''non sa di un...'' (niente) e allora giù ''olio come se piovesse'' ma solo di ottima qualità e non lo spaventano pietanze preparate con lardo soffritto in olio o le sue esagerate noci di burro perché ''la noce di burro può anche essere una noce di cocco...''

Giorgione, insieme a Chef Francesco, cuoco dell’Osteria di Lecce, si sono confrontati amichevolmente sull’interpretazione della cucina salentina. Il menù della serata prevedeva come antipasto un pizzo ripieno con polpette e caciocavallo, i due primi presentavano sagne ncannulate con sugo di maiale nero e orecchiette con vongole, broccoli e guanciale. La proposta dei secondi vira su gustose carni, in particolare su involtini di carne di cavallo e su manzo stracotto nel primitivo. La cena si conclude con dolci semplici, quali i cantuccini ed un ''tiramiSud'' proposto con mustacciolo sbriciolato affogato nel San Marzano.


L’Osteria si presenta con un ambiente informale, ma, nello stesso tempo, curato ed accogliente, il servizio risulta cortese e veloce, le porzioni generose e gli ospiti contenti e coccolati. Giorgione, infatti, si è approcciato con tutti i presenti per un saluto, piuttosto che per una battuta, sempre disponibile per una foto o per rispondere ad eventuali domande.

Non solo, accanto al menù dei cibi anche una degustazione di vini del territorio curata da Vito Marulli, uno dei titolari dell’omonima cantina di Copertino. Proposti secondo una precisa scansione di abbinamento al cibo, sono stati degustati il rosato da negroamaro Tenuta Paraida, il rosso da negroamaro denominato ''Caporotondo'' ed il rosso da primitivo, il “Cappuccini” per poi passare all’orgoglio dell’azienda, il “Menone”, un incredibile negroamaro da vitigni di oltre ottanta anni, affinato 36 mesi in vasche di cemento interrate e successivi 12 mesi in bottiglia.


Un’altra ospite, in rappresentanza dell’azienda ''Cantasole'' di Brindisi, ha presentato l’olio utilizzato per tutte le preparazioni proposte, si tratta di un monocultivar di biancolilla. La biancolilla è tra le più antiche varietà di olive siciliane, che i proprietari dell’azienda “Cantasole” hanno voluto allevare nel salento perché incantati dalla particolare impronta gentile ma, allo stesso tempo, decisa del suo sapore.

Per Giorgione una cucina ben fatta deve sempre far riferimento al territorio e alle sue eccellenze ed il suo approccio alla cucina tradizionale è di grande rispetto e passione, ma senza accettare quell’aspetto quasi sacrale e di intoccabilità. In fondo, la cucina tradizionale non può essere una natura morta o una preziosa reliquia da preservare pedissequamente, ma una pratica che si fonda su antichi racconti e su antichi saperi che si evolve con equilibrio e rispetto...  Grazie Giorgiolino!

di Luigi Sances


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