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“Protettori dello stomaco” cancerogeni se presi in eccesso

Stop alle prescrizioni di pantoprazolo. Spesso il reflusso confuso con SIBO: ne parliamo col professor Minelli.

Per anni le prescrizioni di quelli che i profani chiamano “protettori dello stomaco” sono state fatte a gogo: i soggetti malati di reflusso, gastrite e altro li hanno assunti per anni, a volte continuativamente. Oggi si scopre la somministrazione di pantoprazolo può provocare modificazioni morfologiche della mucosa gastrica. L'aumento del pH gastrico indotto dal farmaco può aumentare la conta batterica, la concentrazione dei nitriti e nitrosamide, potenzialmente cancerogeni.

I medici di base, tutt’a un tratto, hanno il “braccino corto” su queste ricette, non si prendono più la responsabilità di prescrivere questi farmaci senza una gastroscopia che ne certifichi la effettiva esigenza. Ne parliamo con l’immunologo prof. Mauro Minelli.

Se la prima descrizione scientifica della presenza nello stomaco dell’Helicobacter pylori risale al 1892, fu circa cento anni dopo che due ricercatori australiani scoprirono che quel batterio spiraliforme, nello stomaco dell’uomo, è capace non solo di causare ulcere ma anche di rappresentare un importante fattore di rischio per lo sviluppo di un cancro. Per tale scoperta quei due ricercatori ricevettero nel 2005 il Premio Nobel per la Medicina.
“Nei casi di gastrite cronica, che siano o meno correlati ad infezione da H. Pylori, così come nei casi di malattie acido-correlate come l’ulcera peptica o la malattia da reflusso, gli inibitori di pompa protonica (IPP), comunemente indicati con il termine rassicurante di ‘gastroprotettori’, sono i farmaci più usati, talvolta per tempi straordinariamente lunghi, molto più lunghi di quanto ragionevolmente si potrebbe e si dovrebbe immaginare - scrive il professor Minelli - Le nuove scienze del microbioma ci pongono di fronte a quadri patologici insospettati spesso caratterizzati da fenomenologia reflussiva con raclage, pizzicorio in gola, tosse stizzosa, disfonia, disfagia, sapore metallico, alitosi, tachicardia. In questi casi il pensiero corre subito alla classica malattia da reflusso gastro-esofageo e invece potrebbe non essere esattamente così, ciò che rende non solo inutile ma addirittura controproducente la terapia con i cosiddetti gastroprotettori”.

A cosa si riferisce?
“Mi riferisco, per esempio, alla SIBO (Small Intestinal Bacterial Overgrowth o Sovraccrescita Batterica Intestinale), una condizione clinica molto più frequente di quanto non si possa immaginare, spesso scambiata per malattia da reflusso gastro-esofageo ed invece causata da un aumentata concentrazione di microorganismi nell’intestino tenue. La SIBO, oltre che a quadri patologici intestinali, quali la celiachia, la SNAS o la diverticolosi, può essere associata a pratiche chirurgiche come, ad esempio, i by-pass gastro-intestinali, le aderenze post-chirurgiche, le resezioni ileo-coliche con eliminazione della valvola ileo-cecale. Ma la causa più frequente di SIBO è legata proprio alla terapia di lungo corso con inibitori della pompa protonica. È il basso livello di acido nello stomaco che consegue all'uso prolungato di questi farmaci, che favorisce la SIBO. È noto, infatti, che l'acido dello stomaco aiuta a scomporre il cibo, ma se questa azione viene bloccata ovvero ‘inibita’ dai prazoli, gli alimenti, soprattutto quelli fermentabili, raggiungeranno indigeriti i batteri fermentativi presenti nel tenue alimentandoli e potenziandone l’azione fermentante. Succede così paradossalmente che, in mancanza di una diagnosi corretta, la malattia venga ‘curata’ proprio con i farmaci che concorrono a  peggiorarla”.

E per i tumori?
 “Certamente non diciamo nulla di inedito quando affermiamo che la prolungata inibizione della secrezione acida favorisce, nello stomaco, una eccessiva crescita di batteri, alcuni dei quali, producendo composti nocivi come le nitrosamine, possono favorire la cancerogenesi. Ma c’è di più: una prolungata soppressione dell’acidità gastrica, per un mero meccanismo compensativo finalizzato a bilanciare la minore acidità, tende a promuovere la sintesi di gastrina che, quando prodotta in quantità elevate, può a sua volta favorire l’insorgenza di lezioni precancerose e cancerose. Tra l’altro, nei casi di gastrite atrofica, già di per sé caratterizzati da una patologica riduzione della sintesi di acido cloridrico, un’ulteriore soppressione farmacologica di quest’ultimo farà significativamente aumentare il rischio di tumore dello stomaco”.

Quindi?

Evidenze oramai numerose non escludono una possibile associazione tra uso prolungato di ‘gastroprotettori’ e aumentato rischio di patologie cancerose e non cancerose a carico dello stomaco. Certo, non va bene generalizzare né cedere a pericolose tentazioni sensazionalistiche dovendo sempre, a proposito dipatologie gastriche, tener conto di altri eventuali co-fattori rappresentati, per esempio, dalle infezione da Helicobacter pylori, dagli stili vita e dalle abitudini alimentari, dalla  predisposizione genetica o anche da eventuali condizioni disbiotiche per alterata composizione della microflora intestinale in grado di compromettere l’integrità e la salubrità della mucosa dello stomaco. Sicché il richiamo alla prudenza, al giudizio e alla competenza rimane, come sempre, la misura più equilibrata e corretta, semmai con riserva di una più lunga somministrazione di questi farmaci solo a quei pazienti con una chiara indicazione a terapie di lungo corso”.

Gaetano Gorgoni


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