Salute Sette Lecce L’urologo non è solo il medico degli uomini. Tumori e patologie dell’apparato urinario: controlli dai 45 anni, 40 se c’è familiarità. “Il sesso è la palestra della prostata” Aumentati i casi oncologici a causa del rallentamento della prevenzione negli ultimi due anni di pandemia. I consigli dell’esperto, l’urologo salentino professor Francesco Greco. 18/05/2023 circa 6 minuti Siamo spesso abituati a considerare la figura dell’urologo come qualcosa di legato alle patologie maschili, niente di più falso! L’urologo è una figura fondamentale della cura di tante patologie che riguardano l’apparato urinario maschile e femminile. Questo medico specialista ha un ruolo fondamentale nella prevenzione: la diagnosi precoce salva la vita. Oggi dedichiamo quest’articolo alla divulgazione scientifica nel campo urologico, cercando di semplificare i concetti per i “profani”, grazie all’aiuto di un noto urologo, a livello nazionale, il professore Francesco Greco, associato all’università di Vienna e Fondatore del Centro Salute Uomo di Bergamo. Dottore, le nuove generazioni sono più sensibili, hanno più consapevolezza della necessità della prevenzione urologica? È vero che bisognerebbe controllare lo stato di salute della prostata una volta all’anno dopo i 40? La diagnosi precoce salva molte vite? “La prevenzione è stata sempre un mezzo che ci ha permesso di salvare tante vite umane, perché consente la diagnosi precoce di malattie che spesso possono essere asintomatiche, come il tumore della prostata. Una diagnosi tempestiva, nel caso di quest’ultima patologia, ci consente di eseguire un intervento in grado di garantire una qualità di vita superiore per il paziente. Se si esegue la diagnosi di un tumore prostatico nei tempi giusti, si può intraprendere un percorso risolutivo immediatamente, facendo tornare prima il paziente a casa e garantendogli il mantenimento di funzioni importanti, come la continenza urinaria, e nei ‘pazienti iniziali’ un recupero più completo della funzionalità erettile. La diagnosi precoce, dunque, salva le vite, tutte le vite. È opportuno iniziare la diagnosi precoce contro il cancro della prostata dopo i 45 anni: basta un controllo annuale del PSA, che è un semplice valore del sangue, oppure, laddove ci sia familiarità con il tumore (padre o zii paterni), anticipare la prevenzione a 40 anni”. Molto spesso si guarda all’urologo come una figura che cura le patologie maschili, ma nel caso di problemi alle vie urinarie (pielonefriti, ureteriti, cistiti e uretriti) questa figura è fondamentale, vero? “È vero che si guarda alla figura dell’urologo solo come un medico degli uomini, ma è una concezione antica d profondamente sbagliata perché abbiamo malattie minori, come le pielonefriti, le cistiti, le uretriti, i polipi uretrali, i prolassi vescicali che interessano le donne, così come patologie molto più importanti, ad esempio il tumore dell’uretere, del rene o della vescica, che colpiscono ugualmente anche le donne. Quindi, quando parliamo di prevenzione urologica, ci rivolgiamo agli uomini e alle donne. Tutte le donne devono eseguire un’ecografia addominale annuale, proprio perché ci sono tumori, come quello del rene, che sono silenti, crescono senza sintomi. Il 70% dei tumori renali viene diagnosticato in via incidentale, tramite un’ecografia. Dobbiamo fare chiarezza: l’urologo è il medico dell’apparato urinario maschile e femminile!”.Torniamo a parlare di prostata. È vero che dopo il trattamento primario, due pazienti su tre guariscono, ma si stima che, dieci anni dopo aver ricevuto una terapia 'definitiva' per il carcinoma prostatico, circa un terzo vada incontro a recidiva biochimica con livelli di PSA che aumentano progressivamente?“Il rischio di recidiva biochimica od organica dopo un intervento per un carcinoma prostatico è strettamente correlato con la fase iniziale della malattia. Torniamo, quindi, al discorso della prevenzione: prima trovo un tumore prostatico e più è alta la possibilità di non subire una recidiva, dopo 5 - 10 o 15 anni, quindi a un follow-up nel medio e nel lungo periodo. Il rischio di recidiva non riguarda esclusivamente i pazienti che vengono operati, ma interessa tutti i trattamenti del tumore prostatico, incluso l’intervento di prostatectomia, eseguito per via ‘open’, a cielo aperto (anche se questa è una metodica che oggi dovrebbe essere abbandonata!), sia tramite le tecnologie più moderne, come la laparoscopia e la chirurgia robotica. La recidiva interessa anche tumori trattati attraverso la radioterapia o anche tramite terapie più innovative, come la terapia focale, dove non si va ad asportare la prostata, ma si va a irradiare solo i piccoli noduli tumorali, preservando la ghiandola. Quindi, la recidiva è fortemente correlata alla diagnosi. Un aumento del rischio di recidiva biochimica e anche organica si è avuto in questi due anni a causa della pandemia Covid-19, che ha fortemente ridotto la possibilità dei pazienti di fare prevenzione e di fare visite urologiche a scoop anche diagnostico. Oggi che siamo usciti dalla pandemia è necessario tornare a prevenire e a controllarsi per poter limitare i danni in caso di tumore, limitare il rischio di recidiva e salvare le funzionalità più importanti”. Di recente ho letto che per il tumore della prostatala funziona la terapia che evita gli effetti della castrazione farmacologica. C’è una nuova terapia in campo: ho letto che Enzalutamide riduce del 58% il rischio di metastasi senza causare perdita della funzione sessuale o della libido. Le risulta? È scettico? “Non è vero che l’enzalutamide riduce il rischio di perdere la funzione sessuale. È vero che è un nuovo farmaco che sta dimostrando ottimi risultati nella terapia di tumori prostatici avanzati, però, così come nella terapia ormonale, questo farmaco è un antiandrogenico non steroideo, con un’affinità molto elevata per i recettori androgenici, quindi, anche in questo caso, va a determinare una castrazione chimica. Ricordiamo che questo aspetto è fondamentale nei casi di tumori avanzati, perché il tumore della prostata si nutre di testosterone. L’obiettivo di questi nuovi farmaci è di ridurre i testosterone per ‘mettere a dieta’ il tumore della prostata (passatemi questo termine per far capire anche ai ‘profani’ la questione). Sono farmaci che determinano una perdita della funzionalità sessuale e della libido: una perdita necessaria per ottenere il massimo della cura”. Ci può dare qualche consiglio sullo stile di vita per limitare i problemi alla prostata? Ci può dire quanto conta la genetica nelle patologie prostatiche e quanto gli stili di vita?“La prostata risente della nutrizione di un uomo ma anche del benessere intestinale, infatti sappiamo che patologie a carico dell’intestino o diverticoli intestinali non diagnosticati o mal curati aumentano il rischio di prostatiti, che spesso vengono curate in maniera non idonea perché si pensa che originino dalla prostata, mentre la ghiandola soffre per questa migrazione secondaria di batteri intestinali. Un altro aspetto molto importante è sicuramente il discorso genetico: negli ultimi anni sono stati identificati dei geni che hanno una stretta associazione con il tumore prostatico, soprattutto con quello più aggressivo. In particolare nei geni BRCA1 e BRCA2, la cui presenza nel codice genetico del paziente aumenta il rischio di sviluppare alcuni tumori, tra cui quello della prostata, fortemente aggressivo fin dall’origine e capace di maturare in un soggetto più giovane. Sono gli stessi geni responsabili nelle donne del tumore ovarico e della mammella. È per questo motivo che anche per le donne si tende ad eseguire uno screening genetico in giovane età laddove ci sia un sospetto di familiarità per questi tumori. Lo stesso deve accadere per l’uomo, laddove ci sia una familiarità con il tumore prostatico. In questi casi è necessario seguire uno screening genetico senza aspettare i quarant’anni: è consigliabile anche a trent’anni per valutare la componente genetica e prendere le opportune precauzioni. Favorisce il benessere prostatico una normale attività sessuale. Il sesso è la palestra della prostata, chi non eiacula e fa sesso saltuariamente è più esposto a fenomeni irritativi della ghiandola. Ricordiamo che prostatiti cronicizzate, mal curate fin dalla giovane età, possono, secondo alcuni studi, rappresentare un fattore di rischio per il cancro alla prostata. Quindi, anche in questo caso, non possiamo trascurare sintomi come il dolore all’eiaculazione o alla minzione, ma bisogna farsi controllare senza vergogna dall’urologo, migliorare l’alimentazione, inserendo nella propria dieta fibre, frutta e bevendo idratandosi con due litri al giorno di acqua. Consiglio anche di non esagerare con insaccati e carni grasse, perché possono far male alla prostata. L’altro consiglio che do è quello di evitare l’abuso di bevande alcoliche e di cibi speziati. Bastano poche accortezze e la necessaria prevenzione per rispettare la nostra salute”.di Gaetano Gorgoni
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