Politica 

Le tre età della Fiamma: la nostalgia della grandezza perduta

Al Festival della Cultura Controcorrente – “La Neretina” – Marco Tarchi ha tracciato un’archeologia dell’identità politica che sopravvive nei meandri invisibili della storia italiana.

Nel Salento antico, terra di vento, pietra e memoria, è accaduto un piccolo miracolo laico: un fuoco di pensiero si è acceso nella notte della cultura dominante. Al Festival della Cultura Controcorrente – “La Neretina” – Marco Tarchi ha raccontato Le tre età della fiamma, tracciando un’archeologia dell’identità politica che sopravvive nei meandri invisibili della storia italiana.

A dare inizio alla serata è stato Pierpaolo Giuri, consigliere comunale neretino, con una introduzione sobria e brillante: senza eccessi, ma con il coraggio di chi riconosce che senza libertà di pensiero non c’è vera democrazia. Non solo un saluto d’ordinanza, ma un segnale forte: anche nei municipi di provincia può accendersi il coraggio di ospitare il pensiero non allineato.

Poi la scena è stata guidata con maestria da Flavio De Marco, direttore del Corriere Salentino. La sua moderazione, discreta eppure profonda, ha trasformato il dialogo in un atto di scavo nella memoria rimossa. De Marco ha evitato i due abissi del nostro tempo – l’apologia cieca e la demonizzazione riflessa – restituendo al pubblico la complessità di una storia che non si lascia incasellare né esorcizzare.

Attraverso le parole di Tarchi, la Fiamma Tricolore ha ripreso vita: prima nella stagione del neofascismo dell’MSI, ancora legato alla nostalgia della patria perduta; poi nel postfascismo domestico di Alleanza Nazionale, che per sopravvivere ha assunto i panni del moderatismo; infine nell’afascismo di Fratelli d’Italia, dove la fiamma arde sotto la cenere, negata e smorzata.


L’afascismo odierno – racconta Tarchi – non è solo una tattica: è la vittoria della dimenticanza sulla memoria, del potere sulla coerenza. In questo scenario si staglia la figura dell’attuale Presidente del Consiglio: astuta, determinata, capace di conquistare il governo, ma a prezzo della rinuncia a ogni richiamo alle radici profonde. La fiamma resta, ma come reliquia: un simbolo svuotato del suo significato, adatto ai tempi che chiedono visibilità senza memoria, consenso senza identità.

Così, il sogno antico di riscattare una storia bandita si è dissolto nell’integrazione senza orgoglio. La destra, per essere accettata nei palazzi della modernità, ha dovuto recidere le proprie radici. Non più fascisti, non più antifascisti: solo gestori pragmatici del presente, funzionari di un potere senz’anima.

In questo scenario di macerie nobili, il Festival “La Neretina” è parso un piccolo avamposto di resistenza culturale. Non una nostalgia sterile, non una ribellione folcloristica, ma un atto di fedeltà alla complessità della storia. Fedeltà alla fiamma interiore più che al simulacro esteriore.

Emblematico è il destino della rivista Diorama di Tarchi: più letta e rispettata a sinistra che nella sua area di origine. Segno amaro di un pensiero che sopravvive più per il rispetto dei suoi avversari che per la passione dei suoi eredi.

Nel Salento di oggi, come nell’Italia profonda, aleggia ancora l’eco delle memorie interdette. La fiamma sopravvive nelle pieghe della storia, come un ricordo ostinato che rifiuta di morire. Potranno ignorarla, svilirla, confinarla ai margini, ma essa attende ancora mani fedeli che la raccolgano. E quando la modernità, sazia e smemorata, crollerà sotto il peso della sua stessa inconsistenza, forse allora da quelle ceneri rinascerà il bisogno di radici, di identità, di destino. Perché una patria senza memoria è come una casa senza fondamenta: destinata a crollare al primo soffio del vento.
Bartolo Hanner

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