Salute Sette Gli schiaffi ai bambini sono diseducativi: «I piccoli sono spugne che assorbono i contenuti dell’adulto» “Lo schiaffo è diseducativo, soprattutto a due o a tre anni: i bambini sono spugne che apprendono un modo sbagliato di agire e comunicare” - spiega la Psicopedagogista Tiziana Dollorenzo Solari 16/07/2020 circa 5 minuti Per i nostri genitori e per i nostri nonni educare con la violenza poteva essere la normalità: erano culturalmente incagliati nella pratica pedagogica delle punizioni corporali, ma anche delle violenze psicologiche. La violenza era un linguaggio che si acquisiva in molte famiglie fin dalla tenera età (dei due anni) e si trasformava in tetra ignoranza emotiva. Esistono ancora genitori che minimizzano e ritengono giusto l’abuso dei mezzi di correzione fin dalla tenera età: hanno introiettato la lezione dei loro genitori violenti. Si dice spesso che “uno schiaffo non ha mai fatto male a nessuno”, ma la violenza crea una falla psicologica e comunicativa che non viene alla luce subito. Niente violenza se volete evitare di crescere figli violenti, insicuri o depressi. “Lo schiaffo è diseducativo, soprattutto a due o a tre anni: i bambini sono spugne che apprendono un modo sbagliato di agire e comunicare” - spiega la Psicopedagogista Tiziana Dollorenzo Solari Fino agli anni ‘70 e ‘80, in alcune realtà, erano la normalità quella fatta di professori che prendevano a colpi di riga gli alunni e procedevano con umiliazioni di vario tipo (come quella di far girare per la scuola con le orecchie da asino l’alunno che non brillava). Oggi, nonostante siano vietate le punizioni corporali e le violenze psicologiche, ancora troppi genitori vi fanno ricorso. Non parliamo dei casi di violenza da galera immediata, ma dello schiaffo come modo di agire per correggere un errore del figlio. Si tratta di un’azione che sul piano educativo serve a ben poco: trasferisce solo un approccio comunicativo violento. La regola educativa non viene interiorizzata con le botte! Semplicemente il bambino picchiato apprende che i conflitti e i vari problemi si risolvono sempre con la violenza. Questo tipo di approccio può sfociare in episodi di cronaca nera quando i piccoli diventeranno delle persone adulte: potrebbero trasformarsi in “rissaioli”, gente violenta con poco autocontrollo, che può spingersi fino ad accoltellare un coetaneo per futili motivi (le cronache sono piene di casi di questo tipo). Le reazioni a una pseudo-educazione ottenuta con la violenza possono essere diverse, a seconda della personalità del bimbo: a un certo punto può essere scalfito alche il rapporto di accudimento e di fiducia nei confronti del genitore. Le botte per educare in realtà possono generare figli depressi, drogati, alcolisti, con una scarsa autostima, ansiosi e con tutta una serie di disturbi. Dunque l’utilizzo delle punizioni corporali non viola solo legge, ma è controproducente sul piano dello sviluppo psicologico del proprio figlio. Minacce, schiaffi e grida diventano un insano esempio per la vita del piccolo. Sono gli esempi sani che educano, lo dicono gli studi più autorevoli: anche grazie ai neuroni specchio i figli assorbono modi di fare e di essere. Il bambino riproduce i comportamenti dei genitori: ricordiamocelo sempre! Non possiamo insegnare ai nostri figli di stare seduti a tavola quando si mangia, se noi non lo facciamo per svariati motivi. Bisogna capire, ragionare e trovare punizioni che stimolino a fare meglio la prossima volta. Umiliare un bambino che non va bene a scuola incancrenirà il problema. AUTOCONTROLLO E ANALISI DELLE EMOZIONI Fare i genitori non è mai stato facile, bisogna avere un grande autocontrollo ed essere capaci di sviluppare l’empatia nel proprio figlio. L’empatia ci aiuta a sviluppare la comunicazione corretta con gli altri. Spesso i bambini si azzuffano perché desiderano entrambi uno stesso gioco: bisogna insegnare loro a riconoscere la rabbia e a trovare una soluzione ragionando. Insegnare a risolvere i conflitti senza violenza è l’educazione migliore che si possa fare. Insegnare a mettersi nei panni dell’altro e a manifestare le proprie emozioni. Insegnare a raccontare quello che si prova. L’intelligenza emotiva è fondamentale. Le emozioni negative e la rabbia non vanno negate, ma bisogna guidarle, far prendere coscienza e trovare soluzioni. Dietro a un comportamento sbagliato o violento di un bambino c’è un atteggiamento errato dei genitori, che può consistere anche in un conflitto educativo: un genitore vieta qualcosa e l’altro la concede, oppure uno dei genitori vieta di giocare quando si mangia, ma l’altro scherza con gli amici al cellulare durante il pranzo. Ricorrere alla punizione corporale o all’umiliazione psicologica non cambierà l’atteggiamento del bambino, soprattutto se è molto piccolo. Bisogna instaurare un rapporto di apertura e dialogo usando canali affettivi. IL CONSIGLIO DELLA PSICOPEDAGOGISTA TIZIANA DOLLORENZO SOLARI L’educazione dei figli è una cosa molto delicata: ci troviamo troppo spesso di fronte ad abusi, anche all’interno di strutture scolastiche. “C’è sicuramente una grande differenza tra uno schiaffo a un adolescente e uno schiaffo a un bambino - spiega la Psicopedagogista, Tiziana Dollorenzo Solari - La percezione di quel gesto può essere molto diversa dalle intenzioni dell’adulto: facciamo molta attenzione. Un bambino molto piccolo uno schiaffo non lo capisce, soprattutto nella fase di sviluppo e scoperta della percezione del mondo. Che senso ha sul piano educativo schiaffeggiare o imbestialirsi perché il bambino di 2 o 3 anni tocca i soprammobili e li rompe (è un normale comportamento di scoperta del mondo esterno!)?” Eppure ci sono genitori che reagiscono istericamente a questo tipo di azioni, non comprendendo che l’errore è tutto loro: non si possono mettere oggetti a cui si tiene ad altezza bambino! “Uno schiaffo forse serve più all’adulto, a sfogarsi e a risolvere i suoi problemi: non certo al bambino di 2 anni - riflette l’esperta - L’adulto che comunica con gli schiaffi ha dei problemi. Il bambino è una spugna: dipende dai contenuti dell’adulto. La mente del bambino così piccolo è unita al mondo dell’adulto: è un’espansione di quel mondo”. Uno schiaffo potrebbe non essere compreso davvero: il piccolo potrebbe interpretarlo molto male. “L’adulto spesso non sa dialogare col bambino, la sua mente si rimpicciolisce in condizioni di stress, magari perché il genitore stesso ha perso la sua infanzia. Quando si restringe il mondo interiore di un adulto, comincia il mal di vivere e si vomita il malessere sui più deboli. Un bambino così piccolo è più debole, soprattutto se a due o tre anni: è troppo facile sfogarsi con lui. Ma tireremmo mai uno schiaffo a un nostro superiore, che pure può compiere tanti sbagli? Dunque, giù le mani dai bambini. Serve esempio, pazienza, dialogo ed empatia per far crescere uomini migliori”. Gaetano Gorgoni
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