Società 

Anziani non autosufficienti, svolta epocale: scende al 30% il contributo delle famiglie

Una novità importante anche per la vicenda di Campi arriva dal Parlamento: le famiglie pagheranno di meno

Finalmente a Roma hanno ascoltato l’urlo di dolore delle famiglie con a carico anziani non autosufficienti, che non possono garantire cure dignitose ai loro cari perché non hanno le risorse necessarie ad accedere a una RSA.  Un emendamento approvato dalla X Commissione Sanità del Senato della Repubblica consente l’elevazione fino al 70% della quota sanitaria relativa alle rette delle strutture socio sanitarie che assicurano prestazioni in RSA e centri diurni. “Salva la ripartizione ivi contemplata, elevabile al 70 per cento nei casi di alta complessità assistenziale, sono a carico del fondo sanitario nazionale esclusivamente gli oneri delle prestazioni di rilievo sanitario, secondo quanto rilevato nell'ambito della valutazione multidimensionale per la presa in carico dell'assistito, anche se connesse con quelle socio-assistenziali in termini di specifica efficacia terapeutica”, recita il testo della legge. Una svolta epocale. Le famiglie da tempo chiedevano di aumentare il contributo pubblico perché pagare 1600 euro al mese può essere proibitivo (in Puglia gli stipendi medi e le pensioni non superano i 1200 euro al mese, secondo i dati ISTAT).
A Campi era scoppiato il caso per l’estensione del contributo delle famiglie (che avevano i loro cari nella RSA) dal 30% al 50%: dopo anni sono stati chiesti migliaia di euro arretrati. Oggi lo stato fa un passo indietro: le famiglie potranno limitarsi a sborsare solo il 30% per il mantenimento dei loro cari nelle strutture che hanno medici, infermieri, macchinari per gestire anziani non autosufficienti con gravi patologie, che in famiglia non potrebbero essere assistiti adeguatamente. Significa che le Asl in base alle valutazioni multidimensionali effettuate per ogni paziente anziano non autosufficiente nei casi di “complessità assistenziale”, possono stabilire, una volta che l’emendamento verrà approvato definitivamente dall’aula del Senato, quote di compartecipazione a carico del Sistema Sanitario Nazionale al 70% e non più al 50% come è in vigore adesso in base alla normativa sui LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), che quindi sarà modificata.
“È una notizia che accogliamo con grande soddisfazione perché mira a sostenere centinaia di migliaia di famiglie che spesso si trovano in condizione di non poter far fronte alle rette delle strutture che a loro volta osservare i requisiti normativi stabiliti dalle regioni non possono fare altro che adeguarsi alla legge e alla misura delle rette che è stabilita appunto dalle regioni e non dalle strutture - scrive Antonio Perruggini, presidente Associazione di Categoria
Welfare a Levante -Con l’occasione di questa notizia saremo ancora più propositivi verso la  Regione Puglia affinché attraverso un nuovo studio di fattibilità e l’istituzione di un tavolo di confronto qualificato, aggiorni le tariffe adeguandole all’aumento dei costi di gestione, energia, risorse umane e materie prime in primis”. La Puglia ha ancora liste d’attesa lunghe, pochi posti letto in RSA e tariffe non adeguate (ancorate alla situazione di 10 anni fa) che rischiano di far saltare tanti posti di lavoro: la Regione dovrebbe rimboccarsi le maniche su questo fronte, almeno per concludere gli accreditamenti delle varie strutture che operano sul territorio (si potrebbe sburocratizzare e accelerare con accreditamenti provvisori).

G.G.

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